Giorni difficili (seconda parte)

giovedì, novembre 26, 2009

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In questo testo, tratto dal libro «Karate-do - il mio stile di vita», il Maestro Gichin Funakoshi ripercorre i tempi dell'introduzione del Karate in Giappone.

continua dal post precedente...

Da semplice insegnante di provincia quale ero, mi sentii molto onorato per questa richiesta da parte di un grande maestro di Judo quale Jigoro Kano, e così, naturalmente, accettai.
Qualche tempo dopo, stavo nuovamente preparandomi a ritornare ad Okinawa quando una mattina fui chiamato dal pittore Hoan Kosugi. Egli mi disse che quando visitò Okinawa qualche tempo prima per una spedizione di pittura, era stato profondamente impressionato dal Karate e voleva imparare l'arte ma qui a Tokyo non riusciva a trovare né insegnanti né manuali. Volevo io, chiese, considerare di rimanere a Tokyo un po' di più per istruirlo personalmente?
Così, ancora una volta, rimandai la partenza e cominciai a dare lezione ai membri di un gruppo di pittori di cui Kosugi era il presidente. Dopo alcune sedute, capii improvvisamente che se volevo vedere il Karate-do conosciuto in tutto il popolo del Giappone, io ero l'uomo adatto e Tokyo era il posto dove incominciare. Così scrissi ad Azato ed Itosu esponendo loro la mia idea, ed entrambi i maestri risposero con lettere di incoraggiamento, ammonendomi contemporaneamente che mi sarei trovato in un periodo difficile.
In ciò, come avvenne, essi ebbero più che ragione. Mi trasferii nel Meisei Juku, un ostello per studenti di Okinawa (situato nel quartiere Suidobata di Tokyo), dove mi fu permesso di usare l'aula di lezione come dojo temporaneo quando non era usata dagli studenti. Comunque, il denaro era un problema critico: non ne avevo di mio, la mia famiglia ad Okinawa non era proprio in grado di mandarmene, ed io all'epoca non riuscivo a trovare finanziatori, poiché il Karate era ancora virtualmente sconosciuto.
Per pagare la minuscola stanza dove dormivo, intrapresi ogni sorta di lavoro saltuario alla pensione: sorvegliante, custode, giardiniere, spazzavo persino le stanze. A quel tempo avevo pochissimi studenti, così naturalmente le rette che mi pagavano non erano sufficienti a sbarcare il lunario. Per favorire la soluzione al problema di come avere abbastanza da mangiare, persuasi il cuoco dell'ostello a prendere lezioni di Karate, ed in cambio egli mi concedeva una riduzione sul mio conto alimentare mensile. Era una vita difficile, ma quando ci ripenso dopo tutti questi anni, concludo che fu anche bella.
Ed ebbe anche momenti piacevoli. In quei giorni, le interviste su giornali e periodici erano rare, ma un giorno apparve un reporter nell'ostello. Mentre si avvicinava ero intento a spazzare il viale del giardino e, ovviamente, mi scambiò per un domestico.
«Dove posso trovare il signor Funakoshi, l'insegnante di Karate?», chiese.
«Un momento, signore», risposi affrettandomi. Salii rapidamente in camera mia, indossai il mio kimono da cerimonia, e poi scesi verso l'ingresso dove stava attendendo il reporter.
«Come sta?», dissi. «sono Funakoshi.»
Non potrò mai dimenticare l'espressione di sbalordimento sul viso del giornalista quando si rese conto che il giardiniere ed il maestro di Karate erano la stessa persona!
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fine seconda parte ...

Giorni difficili (prima parte)

giovedì, novembre 19, 2009

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In questo testo, tratto dal libro «Karate-do - il mio stile di vita», il Maestro Gichin Funakoshi ripercorre i tempi dell'introduzione del Karate in Giappone.

Fu, ricordo, verso la fine del 1921 che il Ministro dell'Educazione annunciò che nella primavera seguente si sarebbe tenuta una dimostrazione di antiche arti marziali giapponesi, presso la Scuola Normale Superiore Femminile (allora situata ad Ochanomizu-Tokyo). La prefettura di Okinawa fu invitata ad intervenire alla dimostrazione, ed il Dipartimento dell'Educazione mi chiese di dimostrare la nostra locale arte del Karate nella capitale giapponese. Io, naturalmente, accettai immediatamente e cominciai a fare progetti.
Dato che il Karate era allora poco conosciuto fuori da Okinawa, e dato che le persone a cui doveva essere presentato ne sapevano poco o niente, pensai che ci fosse bisogno di qualcosa di piuttosto drammatico nella maniera di presentarlo. Ciò che feci, di conseguenza, fu di fotografare varie posizioni, kata, movimenti delle mani e dei piedi, e di ordinare le foto su tre lunghi rotoli. Li portai con me alla capitale. L'intera dimostrazione si rivelò un grande successo, ma penso che lo fu particolarmente per la mia presentazione dell'arte di Okinawa alla popolazione di Tokyo.
Avevo programmato di tornare alla mia isola nativa immediatamente dopo la dimostrazione, ma posticipai il mio ritorno quando il defunto Jigoro Kano, fondatore e presidente del Judo Kodokan, mi chiese di tenere una breve conferenza sull'arte del Karate-do. Dapprima esitai, non ritenendo di essere sufficientemente all'altezza, ma poiché Kano era così convinto, accettai di dimostrare alcuni kata per lui. Il posto doveva essere il Kodokan stesso, ed io avevo pensato che solo un piccolo gruppo, probabilmente lo staff degli insegnanti più anziani, sarebbe stato presente per la mia esecuzione. Con mio grande stupore trovai invece oltre un centinaio di spettatori ad attendermi.
Come partner nella dimostrazione avevo scelto Shinkin Gima, che allora studiava alla Tokyo Shoka Daigaku (ora Università Hitotsubashi). Gima era un karateka di prim'ordine che aveva praticato intensamente prima di lasciare Okinawa. Molto impressionato, Kano mi chiese quanto tempo si sarebbe impiegato per approfondire il kata che avevamo dimostrato.
«Almeno un anno», risposi.
«Ah, è troppo», disse. «Potreste insegnarmene solo qualcuno dei basilari?»
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continua ...

I sette principi del Bushido

venerdì, novembre 13, 2009

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  • 義, Gi: Onestà e Giustizia

Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

  • 勇, Yu: Eroico Coraggio

Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte.

  • 仁, Jin: Compassione

L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una.

  • 礼, Rei: Gentile Cortesia

I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini.

  • 誠, Makoto o 信, Shin: Completa Sincerità

Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa.

  • 名誉, Meiyo: Onore

Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso.

  • 忠義, Chugi: Dovere e Lealtà

Per il Samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile.
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Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

Il Bushidō

giovedì, novembre 05, 2009

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Il Bushido (giapp. 武士道, la via del guerriero) è un codice di condotta e un modo di vita, analogo al concetto europeo di Cavalleria, adottato dai guerrieri giapponesi. In esso sono raccolte le norme di disciplina, militari e morali che presero forma in Giappone durante gli shogunati di Kamakura (1185-1333) e Muromachi (1336-1573), e che furono formalmente definite ed applicate nel periodo Tokugawa (1603 - 1867).

Ispirato ai principi del buddhismo e del confucianesimo adattati alla casta dei guerrieri, il Bushido esigeva il rispetto dei valori di onestà, lealtà, giustizia, pietà, dovere e onore che dovevano essere perseguiti fino alla morte. Il venir meno a questi principi causava il disonore del guerriero, che espiava commettendo il seppuku, il suicidio rituale.

Successivamente alla Restaurazione Meiji (1866), il Bushido ebbe come punto fondante il rispetto assoluto dell'autorità dell'imperatore e divenne uno dei capisaldi del nazionalismo giapponese. Uno dei principi del Bushido, l'assoluto disprezzo per il nemico che si arrende, fu la causa dei trattamenti brutali e denigranti a cui i giapponesi sottoposero i prigionieri nel corso della seconda guerra mondiale, mentre la ricerca della morte onorevole in battaglia, fu la molla che spinse molti kamikaze al sacrificio.
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FONTE: Wikipedia
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