Breve storia dei Kata (parte settima)

lunedì, agosto 31, 2009

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di Iain Abernethy
Originale in lingua inglese: http://www.iainabernethy.com/articles/article_19.asp
Traduzione in lingua italiana di Marco Forti
Tradotto e pubblicato con l'autorizzazione scritta dell'autore.
Ogni riproduzione non autorizzata è proibita.


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Nell'approccio allo studio delle applicazioni dei kata è necessario ricordare che molti dei nomi assegnati ai vari movimenti non hanno alcun legame effettivo con le relative applicazioni in combattimento. Termini come "parata crescente" o "parata esterna" derivano dal Karate "annacquato" insegnato ai bambini nelle scuole di Okinawa, non dall'arte dall'elevato potenziale combattivo insegnata agli adulti. Studiando il bunkai bisogna fare attenzione a non essere fuorviati dalle "etichette". I cambiamenti di Itosu ebbero riflessi anche sul modo di insegnare, ai bambini i kata venivano insegnati senza le relative applicazioni. La pratica tradizionale prevedeva che prima si studiasse il kata e poi, quando il livello aveva raggiunto uno standard accettabile (e lo studente si era guadagnato la fiducia del maestro), ad esso si affiancasse la pratica delle relative applicazioni. Comunque, da quel momento divenne normale insegnare il kata come esercizio a se stante, senza presentare mai l'applicazione (come avviene tristemente tuttora nelle maggiori scuole di Karate di oggi).

Itosu è spesso colpevolizzato per aver "smussato" il Karate a causa delle modifiche da lui introdotte, ma credo che questa critica sia grossolanamente ingiusta. A quel tempo il Karate era essenzialmente un'arte per uccidere e se Itosu non si fosse fatto carico dell'introduzione nel Karate delle caratteristiche delle attività fisiche moderne – come già avvenuto nel caso del Judo e del Kendo – il Karate oggi sarebbe probabilmente scomparso. Itosu non poteva certo aver idea che il suo "Karate per bambini" sarebbe diventato la più popolare arte marziale del mondo, e, pertanto, non avrebbe potuto immaginare quali profondi effetti avrebbero avuto le sue modifiche (e quelle di coloro che lo seguirono). La maggior parte dei praticanti di Karate dei giorni d'oggi praticano l'arte nel "modo dei bambini" e non l'arte di combattimento efficace delle origini. In effetti lo stesso Itosu incoraggiò i praticanti ad essere consapevoli di queste differenze, quando scrisse: "dovete decidere se il vostro kata è praticato per la salute o per l'utilizzo pratico."

A metà degli anni trenta, Gichin Funakoshi – allievo di Itosu e fondatore del Karate Shotokan – guidò un movimento per far guadagnare al Karate un riconoscimento nazionale dall'associazione delle arti marziali più importante del Giappone. Dopo numerosi incontri e dimostrazioni, al Karate fu finalmente promesso il riconoscimento nazionale, seppur subordinandolo al verificarsi di alcune condizioni. I Giapponesi chiesero infatti che il Karate sviluppasse un curriculum di insegnamento uniforme differenziandosi dalle proprie origini cinesi, che adottasse un'uniforme standard di allenamento (si decise per una divisa tipo Judogi ma più leggera), che assegnasse un sistema di graduazione (si adottò il sistema a Kyu e Dan già in uso nel Judo), che sviluppasse un sistema di competizioni e che riducesse ulteriormente gli aspetti più violenti ancora presenti nella pratica. Funakoshi ed il suo gruppo riuscirono in questo compito ed il Karate venne riconosciuto ufficialmente, continuando così a diffondersi.


fine settima parte ...